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DIFFICILE

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Zurigo (foto di Carlotta G.)

Ormai da diversi giorni sono ricomparsi i problemi di sonno del Patato. Non vorrebbe mai andare a dormire, anche se è stanchissimo, impiega ore (e non è un modo di dire!) ad addormentarsi. Si sveglia urlando nel cuore della notte, chiama mamma e papà o lamenta strani mal di pancia che, però, non sembrano spesso avere un riscontro di reale malessere fisico. In compenso, poi, non si alzerebbe mai dal sonnellino del pomeriggio ed arriva a dormire fino alle otto del mattino, cosa davvero senza precedenti.
Pensavamo, finalmente, di essere usciti dal tunnel delle notti in bianco, dei pianti disperati senza un perché, dopo più di due anni di super lavoro.
Evidentemente il trasferimento sta producendo qualche effetto collaterale anche su di lui, anche se è ancora molto piccolo, anche se sembra essersi inserito benissimo nell’asilo nuovo, anche se la nuova casa sembra piacergli molto anche se trova ruspe e mezzi pesanti ad ogni angolo, non soffrendo così la lontananza dei cantieri nostrani.
In questi giorni tutte le persone che incontro qui mi dicono le stesse cose. Cambiare Paese è difficile, non è uno scherzo, né una questione banale.
Ci sono mille sfumature, mille complessità che rendono il quotidiano un lavoro doppio, se non triplo o quadruplo, rispetto alla norma a cui si era abituati nella vita che si è lasciata.
È difficile capire come funzionano le cose, è difficile abituarsi anche solo a sentir parlare una lingua sconosciuta e decisamente poco “friendly” per chi la dovrebbe imparare. È difficile gestire un clima invernale a fine maggio, lunghe giornate di pioggia, vento e temperature che -normalmente- in Italia ci scordiamo a marzo, se va male.
Quest’anno non fa testo, ok. Neppure qui, mi dicono. Che il tempo fa sempre abbastanza schifo, ma non così.
Tutti invitano e invocano la parolina magica: “pazienza”. Serve tempo e tanta, tantissima pazienza per abituarsi stabilmente ad una nuova vita e ad una nuova realtà. Sei mesi, un anno, in media.
Confesso che, avendo accuratamente pianificato il pianificabile e organizzato l’organizzabile prima di partire, alcune cose me le sarei aspettate un pochino più semplici, naturali, meno problematiche. Probabilmente pretendevo troppo.
Anche da mio figlio che speravo avrebbe affrontato il cambiamento, visti i neppure tre anni di vita, come una specie di vacanza, in un posto nuovo con un bel lago e tanti cigni da andare a salutare quando ne avesse avuto voglia.
E da queste considerazioni è un attimo che scatti la trappola del “ma chi me l’ha fatto fare???” Preludio alla successiva e sicura rovina di ogni attitudine positiva.
La decisione di andare a vivere all’estero, soprattutto con una famiglia e figli al seguito, è estremamente delicata, personale e non giudicabile. Ne parlo anche in un post che potete leggere qui.
E quel che cerco di tenere a mente, di vivere, soprattutto, nonostante questo “difficile” che incombe, è che in questo posto il sole si vede poco, ma quando c’è è adagiato in uno splendido cielo blu, che i meandri della Pianura Padana ormai possono da anni solo sognare. Si vive una meravigliosa natura, anche in città, in ogni giardino, parco, incredibilmente verde, pulito e curato. È un tripudio di alberi, di boschi, di fiori colorati e profumati, religiosamente mantenuti e rispettati.
L’aria è tersa, fredda, apparentemente rigida e respingente. Per chi arriva essendo abituato a diverse temperature scatta in automatico l’istinto a coprirsi il più possibile, a chiudersi in casa per ripararsi dalle continue intemperie.
Dopo qualche tempo, però, un giorno, abbastanza per caso, provi a respirare.
A farla entrare dal naso quell’aria fredda. E, con grande meraviglia, ti rendi conto di sentirla salire su per le narici e scendere giù per la gola fino ad arrivare ai polmoni. E, con ancora più meraviglia, ti accorgi che la sensazione non è affatto spiacevole, anzi.
Che, dopo un tempo talmente lungo che non sapresti neppure quantificare, respirando non hai inalato benzene allo stato puro. Che quell’aria fredda è arrivata là, nella tua testa, nei tuoi polmoni, per fare il suo lavoro, quello a cui è chiamata da che mondo è mondo.
Portare ossigeno, portare energia. E anche se tutto è complicato, anche se tutto è difficile, ti rendi conto che stai respirando, per davvero.
E che sei felice.


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