C’è una cosa che mi manca moltissimo qui nella nuova vita svizzera. Quasi più della santa pediatra di mio figlio, della focaccia del fornaio, delle decine di librerie che amavo frequentare e che ora, in terra straniera, sono rigorosamente off limits.
Nonostante mi fossi attivata mesi fa, praticamente prima di decidere se saremmo davvero partiti, nella ricerca di un luogo in cui continuare la mia pratica di yoga, sono ancora al palo.
In verità ho fatto un paio di tentativi, tramite contatti ricevuti da amici di amici, e speravo nella buona stella che assiste chi “si sbatte” (come si dice in Lombardia), ma niente.
Da queste parti ci sono decine, centinaia, forse migliaia di studi di yoga. Uno ad ogni angolo, in pratica.
Peccato che, nella stragrande maggioranza dei casi, le lezioni si tengano (ovviamente) in tedesco e, al momento, qualsiasi mia partecipazione sarebbe ovviamente inutile. Peccato che, nei pochi casi delle scuole che organizzano qualche sessione in inglese, questa sia praticamente solo in orari serali, quando le mie incombenze familiari prendono decisamente il sopravvento.
Peccato che qui sembra andare per la maggiore (o “di moda”, come dico io) uno stile di yoga che a me sembra abbastanza bizzarro, nel quale dopo un’ora e mezza o due di lezione esci devastato come se avessi corso i 42 chilometri della maratona olimpica. Dove i concetti di “consapevolezza“, “percezione del corpo“, “coscienza” sembrano essere stranamente assenti nella pratica, anche se non nella teoria.
Temevo non sarebbe stato facile trovare un degno sostituto del mio percorso italiano. Sono abituata troppo bene, come ho detto ai miei insegnanti e, dopo anni di un certo tipo di lavoro e di certe esperienze, è davvero difficile convincermi, raccontandomi la storiella preconfezionata che “quel tale yoga” rilassa qui, allunga là, armonizza su, rinforza giù.
Dopo che sai, perchè hai provato, facendone l’esperienza su te stessa, su tutta te stessa, cosa davvero può essere yoga, di tutti gli slogan da volantino pubblicitario non ti frega assolutamente nulla. Anzi, ti procurano solo un intimo moto di fastidio: “Ah, voi pensate di fregarmi così? Col cavolo.”
E non sto dicendo che ci sia mala fede, anzi. Solo che mi parrebbe assai strano andare ad imparare qualcosa da chi, questa cosa, neppure sa cosa sia.
E mi risulta anche difficile spiegarlo alle persone con cui parlo, perchè credo che solo chi l’abbia vissuto possa capire. Che io cerco solo uno yoga rigoroso e libero, come sono io.
Come quel regalo che la vita mi ha fatto incontrare lungo il cammino.
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MISSING YOGA
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