Il nostro espatrio svizzero compie un anno. Esattamente 365 giorni fa eravamo alle prese con un trasloco transfrontaliero, una casa da arredare, una nuova vita da iniziare in un luogo sconosciuto, una routine da ricostruire a partire dalle tante, piccole incombenze quotidiane. Oggi stiamo sicuramente meglio di un anno fa, anche se in quei momenti l’adrenalina era a mille e quasi non ti faceva sentire l’immensa fatica che stavi facendo.
Zurigo è meravigliosa, lo pensavo allora e continuo a pensarlo oggi, più che mai. Lo “shock culturale” un po’ c’è stato, e a tratti continua ad esserci, ma nulla che non si possa gestire con un po’ di sano buonsenso. Qualsiasi esistenza, a qualsiasi latitudine, ha le sue difficoltà e ineliminabili infelicità e sarebbe meglio ricordarsene sempre.
Ci aspettavamo un rigido inverno nordico che, per nostra fortuna, ha eccezionalmente disertato alla grande; speravamo in una primavera luminosa che, probabilmente, non ci sarà: voci di corridoio dicono che quasi tutti gli anni, dopo il falò del pupazzo di neve, comincia a piovere: forse gli svizzeri dovrebbero abbandonare il tradizionale pragmatismo e riflettere sul fatto che, magari, il Signor Inverno non gradisca molto essere messo al rogo sulla pubblica piazza in una serata di aprile e che, pertanto, ami vendicarsi.
Ma anche sotto la pioggia domani festeggeremo lo stesso.